sabato 14 gennaio 2012

Anteprima

A presto  con le  ricette sperimentate dalla mia famiglia

4 commenti:

  1. Parte I
    Manu ci propone in modo assai apprezzabile e con molta passione le ricette della sua famiglia.
    Ma che valore ha la ricetta nella sua attuale formulazione? In altre parole, quando otteniamo o diamo ricette che cosa in effetti forniamo o riceviamo?”
    Per dare una risposta alla domanda, mi sono rifatto oltre che al significato della parola anche alla funzione che la ricetta ha svolto nel tempo oltre che ovviamente alla esperienza pratica.
    Per farla breve, da uno sguardo a Wikipedia rileviamo che le ricette venivano usate nei più svariati campi, dell’artigianato, della medicina, della tecnologia, delle arti, della medicina e, naturalmente della cucina. Nei ricettari, si trovano i cosiddetti segreti del mestiere tramandati di generazione in generazione, ma più propriamente in essi si ritrovava un vero e proprio corpus del sapere dell’epoca, riferito alla particolare materia.
    Le ricette si sono evolute nel corso della storia in modo differenziato nei vari campi, vedi la ricetta medica che incorpora aspetti formali atti a svolgere diverse funzioni nei confronti dei vari soggetti presenti nel campo sanitario (autorizzativo, prescrittivo, ecc.).

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  2. Parte II
    Per venire, più specificatamente alle ricette culinarie, esse nacquero con formulazioni molto sintetiche, anche per piatti complessi, con frettolosa indicazione degli ingredienti e senza precisa indicazione delle dosi, con scarse indicazioni sul procedimento e sulle singole operazioni: ciò si dice sia da riferire al fatto che le ricette erano destinate da cuochi ad altri cuochi, ciascuno in possesso di una elevata padronanza dell’arte culinaria, fatto questo che permetteva loro di comunicare per accenni e indicazioni, come fra addetti ai lavori. Ciascuno poi, procedeva da solo, da par suo.
    La ricetta assume alla fine dell’800 la forma moderna, puntuale e dettagliata, rivolta al grande pubblico anche perché scritta con linguaggio familiare, con Pellegrino Artusi, la cui raccolta sarà un punto di riferimento in numerosissime famiglie italiane.

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  3. Parte III
    Ritornando un attimo al significato del termine ricetta, esso deriva dal latino recepta, cioè "cose prese". In effetti, essa significa oggi un insieme di istruzioni, più o meno dettagliate, per compiere un procedimento di trasformazione di sostanze base dette ingredienti, procedimento che dà come risultato qualcosa di diverso dalle materie originarie e presumibilmente di maggiore pregio.
    Purtroppo, peraltro, per quanto puntuali e dettagliate le istruzioni possano essere non saranno mai sufficienti a tener sotto controllo il procedimento, essendo le variabili in gioco (riferibili agli ingredienti, al metodo di amalgamazione, alla eventuale cottura, ecc.) talmente tante che quel “quid plus” (quel qualcosa di più) che dovremmo ottenere dal procedimento lo dovremo tirar fuori da qualche altra parte, e cioè da noi stessi. Ricordiamoci, altresì, che il nostro rapporto con le pietanze coincide con la nostra storia individuale e familiare, con la tradizione del luogo, con il sentimento che ci lega al cuoco (zia Maria, madre, nonna, ecc.) ed alla terra di cui la pietanza è espressione.
    Ne consegue che solo apparentemente uguali sono i “piatti” prodotti nel tempo dallo stesso cuoco, ma, in realtà, essi sono sempre diversi anche se in modo lieve, pur nella uguaglianza della ricetta; una diversità ancora più pronunciata incontriamo ove la ricetta familiare sia eseguita da persone non familiari, con tradizioni differenti in fatto di gusto. In effetti, quando si va in viaggio e si degustano pietanze di altre culture è difficile apprezzarne pienamente il valore, specie se non si è assimilato il modo di essere e di pensare del luogo visitato.
    Rientrano quindi in gioco le capacità culinarie non solo del compilatore della ricetta (che ha una sua propria formazione, una sua esperienza, ed una sua cultura), ma del destinatario che si trova a fronteggiare con la sua propria capacità le indicazioni pervenute attingendo alla sua propria abilità e cultura in materia.
    Non pensiamo quindi che oggi, essendo le indicazioni puntuali e dettagliate, dare esecuzione alla ricetta comporti una semplice esecuzione delle azioni indicate ; di fatto, esse non possono essere eseguite se non attingendo alla propria capacità culinaria ed alle peculiari proprie caratteristiche. Un piatto nuovo quindi? A mio avviso, certamente sì; esso sarò tanto più vicino a quello che il compilatore della ricetta ha in mente quanto più le di lui caratteristiche sono vicine a quelle dell’esecutore.
    L’esperienza insegna che le pietanze eseguite da Manu presentano differenze - non solo limitate al gusto - talvolta assai accentuate rispetto a quelle offerte da altri ed eseguite sulla base della stessa ricetta di Manu. Di fatto, ciascuno dà esecuzione alla ricetta pervenendo ad un prodotto in genere in linea con la propria capacità culinaria, immettendovi peraltro il proprio “stampo” personale o familiare, cosa che potrebbe dar luogo a varianti di notevole interesse.
    Quindi i ricettari servono e come. Ad esempio, in un ricettario della cucina italiana, si troviamo i valori fondanti, gli accostamenti, la tipologia di ingredienti, ecc. che costituiscono la base comune della nostra cucina, cucina che poi, nei vari territori, assume connotazioni particolari, che si affinano e diversificano sempre di più – ma senza perdere la base di fondo di cui sopra è cenno – fino a giungere alla famiglia in senso stretto od a singoli cuochi.
    Lo scambio o la pubblicazione di ricette familiari è quindi cosa assai valida anche perché in tal modo si diffondono una serie di conoscenze di base che andrebbero altrimenti perdute o confuse.
    A Manu, quindi, di sangue ferrarese e romagnolo, i più vivi complimenti.
    I complimenti sono davvero meritati in quanto il materiale da lei proposto contiene interessanti informazioni gastronomiche e utili indicazioni, per i tutti coloro che posseggano un adeguato livello di arte culinaria, per realizzare “piatti” di ottimo livello.

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